La chiusura delle sedi INPS sul territorio: quel pensiero neoliberista che non passa

In passato, molti hanno provato a spiegare alla cittadinanza come accada che ciò che fino a quel momento è stato di proprietà pubblica passi a essere proprietà privata: si fa funzionare male l’ente pubblico con una politica di tagli, licenziamenti e cassa integrazione, si decide che la Pubblica Amministrazione deve comportarsi come un’azienda e che deve avere per legge il pareggio di bilancio nei conti, si dichiara che l’ente è una fonte di spreco di denaro in cambio di disservizio, in modo che le lamentele di chi ne usufruisce ne facciano decidere forme di demansionamento, declassazione, chiusura, per darla infine in cessione a un gruppo privato, fino alla vendita completa.

Spesso, si è stati portati a pensare che non importa se un servizio sia pubblico o privato: basta che ci sia. Ma oggi bisogna fare questa considerazione: può il privato coprire interamente il fabbisogno pubblico? È lecito e/o giusto che lo faccia?

L’11 novembre 2021 un presidio dell’USB, Unione Sindacale di Base, si è riunito sotto la sede INPS del Tiburtino, a via Igino Giordani 55, per contestare la decisione di “declassarla”, con il trasferimento di molti adempimenti alla sede sulla Casilina. Già dal 3 maggio era stata chiusa l’attività del centro medico di Pomezia, dirottando circa 250 mila cittadini di quel territorio ai servizi della sede del Tuscolano, per effettuare visite mediche necessarie al riconoscimento o la conferma delle prestazioni sanitarie. E sia la sede di Tuscolano che quella di Casilina sono già sedi in affanno per la mole di lavoro, la carenza di personale e la quantità di utenza.

Protesta dei Sindacati di Base davanti sede dell’INPS, quartiere Tiburtino – 11 novembre 2021


Nei suoi documenti, l’INPS dichiara la volontà pubblica di essere utente centrica, mentre nella realtà cede alle logiche di tagli, ridimensionamenti e privatizzazioni.

Queste logiche politiche, ormai in vigore da decenni, sono riuscite a depotenziare i servizi ai cittadini, con la scusa dei costi e delle inefficienze, ma non hanno portato miglioramenti significativi all’organizzazione sociale, all’efficacia dei servizi e quindi all’efficienza degli enti in generale, che esse millantavano. Hanno solo contribuito a far avere un’idea svalutante del servizio pubblico e di chi ci lavora, esaltando invece il mondo del lavoro privato.

Dovrebbe essere invece chiaro il meccanismo per cui, se si depotenzia un servizio e lo si rende inefficiente, lo si rende negativo per chi se ne deve servire e lo si convince che ne può fare a meno o che debba essere dato in gestione ad altri. Il processo è sempre stato lento, in questi decenni, in modo che quasi non ci si accorgesse di cosa avveniva, finché le carenze territoriali non sono infine risultate vistose e pesanti da sopportare: il cittadino si è sempre più trovato espropriato di ciò che per diritto gli spetta in modo gratuito. Il dramma è che la politica non sembra ancora voler invertire la tendenza, nonostante le promesse nelle varie campagne elettorali.

Nella mattinata della protesta, il nuovo Presidente del Municipio IV, il neoeletto Massimiliano Umberti del Partito Democratico, ha portato il suo appoggio e ha assicurato che scriverà al Presidente INPS PasqualeTridico e al Direttore Generale Gabriella Di Michele, affinché si tuteli la sede. Il Consiglio di Amministrazione ha già deliberato, però, che il trasferimento avverrà dal 1 dicembre 2021 ed entro il 31 dicembre avverrà il passaggio di personale. Inoltre, a gennaio chiuderà definitivamente anche il centro medico legale associato alla sede.

Chiunque ne avrà bisogno dovrà andare in un altro quartiere: quali saranno le fasce di cittadini più penalizzate? Probabilmente, gli anziani e altre fasce deboli. Se nelle sedi territoriali si tolgono le competenze che già ci sono, attuando un restringimento dei servizi, per trasferirle dove la situazione è già congestionata, a chi si rivolgeranno gli utenti?

È un caso che accanto alla sede dell’INPS ci siano anche dei patronati appartenenti ad altre sigle? Patronati e CAF potranno supplire alle esigenze di tutta una fascia di cittadini che si troveranno a dover fare le loro trafile burocratiche? E, soprattutto, saranno servizi alla cittadinanza completamente gratuiti come avviene all’INPS? A chi appartengono patronati e CAF?

Sarà un caso che CGIL, CISL e UIL non si siano accodate alla manifestazione di USB, in solidarietà alle richieste di non spostare le competenze, di non chiudere le sedi ma anzi di aumentarle? Questo dovrebbe far riflettere su quali dovrebbero essere i compiti di un sindacato, oggi come oggi: difendere un servizio universale gratuito? Proteggere i diritti dei cittadini ad avere la Pubblica Amministrazione vicina alle loro esigenze? Coadiuvare i lavoratori?

Bandiere USB, via Igino Giordano 55 – 11 novembre 2021

Già in piena pandemia il servizio ha continuato a funzionare, anche con i dipendenti in smart working, con un carico di lavoro che, in molte occasioni, non permetteva loro di “staccare” dalla funzione, nonostante fossero a casa e quindi, secondo un certo modo di pensare, fossero più liberi e meno stressati dalle incombenze.
I dati hanno confermato invece un incremento di produttività del 14%, tenendo conto anche di malfunzionamenti che ritardavano le procedure e che negli uffici si sarebbero magari potuti risolvere celermente. Ciononostante, come se questo non bastasse, si richiedono continuamente controlli di prestazione, mettendo appunto in discussione la funzionalità dell’ente.

La battaglia politica, in questo momento, sta trovando il suo centro nell’erogazione del Reddito di Cittadinanza, una misura di sostegno al reddito voluto e implementato dal Movimento Cinque Stelle durante il Governo Conte I, di cui Pasquale Tridico è un’espressione, e che viene visto soprattutto da ambienti del centrodestra e di destra come una misura da abolire tout-court, con slogan in cui fanno apparire chi lo riceve un “nullafacente col sedere al caldo sul divano” o comunque un ulteriore spreco coi soldi di tutti, se non proprio “criminale” quando finisce nelle mani di chi non dovrebbe averlo. Eppure, è una misura che durante la crisi economica, per non parlare del periodo di pandemia, ha sostenuto molte famiglie ed è essenziale per chi ha problemi di disabilità tali da non poter essere impiegato sul lavoro.

Ma tutto il resto? Le casse integrazioni? Le pensioni basse? Il funzionamento dei centri per l’impiego? Questi ultimi non sono controllati dall’INPS, ma andrebbero riorganizzati dalla base e, soprattutto, forniti di personale formato. Anche all’INPS si attende l’immissione di nuovo personale con il concorso pubblico che, tuttavia, potrebbe non essere sufficiente per coprire la carenza di personale, dipendente da tutti i tagli degli ultimi decenni. Ma, probabilmente, è molto più semplice scegliersi un nemico che concentrarsi su tutto questo.

La misura del Reddito di Cittadinanza voluta dal M5S non è certamente la misura perfetta per i bisogni dei cittadini, ed è con molta probabilità organizzata male. In molte altre parti del mondo non esiste e in altre ancora, come in alcuni Stati europei, è più alta e con meno vincoli, in più si sta parlando di estenderlo universalmente, non solo per i periodi in cui ci si ritrova senza lavoro, ma proprio come un reddito di base universale. Perché, in Italia deve comparire come una misura di elemosina? Se non si creano posti di lavoro, sia nel pubblico che nel privato, come si spera che la gente sopravviva?

Perché non si riesce ad andare oltre l’idea della competizione, soprattutto in situazioni in cui non si parte affatto dalla stessa linea di partenza? La nostra Repubblica democratica fondata sul lavoro non dovrebbe perseguire la piena occupazione e una vita degna, libera dal bisogno? Il neoliberismo, come azione politica, si è sempre basato invece sullo stato minimo e sulla selezione di chi ha già più risorse: è logico che ce la facciano sempre i soliti e meno bisognosi.

La USB, presente alla protesta con Vincenzo Pagliaro, Delegato nazionale USB INPS, Alessandra Comastri, Segreteria nazionale e Coordinatrice USB Lazio, Maria Volpe, Delegata della sede Territoriale Tuscolana e altri, è da tempo impegnata a contrastare l’arretramento dell’INPS dal territorio e l’impoverimento dei servizi di prossimità, fino a qualche tempo fa garantiti ai cittadini-utenti.

USB alla sede INPS Tiburtino – 11 novembre 2021

Sul loro volantino dichiarano: “Oggi vengono al pettine i nodi della politica scellerata di dismissioni del patrimonio immobiliare pubblico, ceduto a prezzi di favore per fare cassa e ripianare il debito pubblico, obbligando le amministrazioni pubbliche a pagare affitti esosi per stabili che in precedenza erano di proprietà. Si scopre così che gli affitti sono insostenibili e non convenienti, anche perché manca il turn-over e i ripetuti tagli degli organici hanno progressivamente ridotto il personale presente nelle sedi, per cui si abbandonano gli stabili, si razionalizzano gli spazi e si trasferiscono i dipendenti, costringendo i cittadini a gravosi spostamenti sul territorio. La risposta non può essere l’arretramento dei territori e il progressivo svuotamento degli organici, ma nuovi investimenti per i servizi pubblici: incremento del personale con nuove, massicce assunzioni, recupero delle sedi cartolarizzate procedendo al riacquisto degli stabili, poiché dieci anni di affitto corrispondono in genere al prezzo di vendita dell’immobile”.

Per loro, la priorità sarebbe costruire sedi in ogni Municipio e Circoscrizione, così da servire più utenza possibile, in modo smart, decongestionando le sedi in cui si è concentrato più lavoro. Non c’è della saggezza in questo?

La prossima manifestazione, si terrà la mattina del 17 novembre 2021 sotto la sede storica di Roma Amba Aradam, in zona S. Giovanni, che sta venendo chiusa, spacchettando i servizi tra la sede di via Giulio Romano, nel quartiere Flaminio, e due agenzie territoriali di nuova istituzione. I cittadini ne sono informati? Ne sono ben consapevoli? E, soprattutto, sono d’accordo?

Seguiremo gli sviluppi nei prossimi giorni.

Articolo di Gabriella Toma



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